Madness

Raul

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    Mimir Aculas | 232 y.o. | vampiro | scheda livello
    Il Pandemonium Club era stato spettatore di talmente tanti momenti particolari della sua esistenza da averne perso il conto. Si potrebbe pensare ad un'esagerazione, ma non lo era.
    Mimir poteva vantare una memoria degna di un vampiro secolare, difficilmente dimenticava un volto o un avvenimento, aiutato in particolare dalla sua passione - o ossessione che dir si voglia - di riportare tutto sui suoi quaderni sotto forma di disegni a matita, che raramente vedevano il colore.
    Il Pademonium, per lui, era un rifugio. Lo era sempre stato, sin da quando si rifugiava all'interno del club dopo aver banchettato con il candido e caldo collo di un umano, affogando sensi di colpa e disgusto per se stesso nell'unica bevanda sopportabile oltre al sangue: il vino.
    O qualsiasi altro genere di alcolico, l'importante era la capacità di alleggerire quei pensieri troppo pesanti per essere sopportati a lungo.
    Durante un altro periodo della sua vita, quando ormai il controllo era diventato più gestibile, il Pandemonium era semplicemente diventato un luogo di divertimento che aveva iniziato a sentire un po' di casa, un ambiente quasi familiare a causa dei ricordi conservati lì.
    Non aveva smesso, tuttavia, di rappresentare per lui l'evasione dai problemi.
    Poco più tardi di tre mesi prima, il vampiro si era recato al club alla ricerca della strada giusta per affrontare l'ultimo, immenso, sconvolgimento della sua vita: l'ennesimo suo atto sconsiderato e un bambino in arrivo.
    L'aveva distrutto, all'inizio, esattamente come la prima volta.
    E proprio come la prima volta, aveva iniziato ad amarlo sin dal momento in cui l'aveva saputo.
    Aveva solo avuto bisogno di un po' di... leggerezza. La stessa che Mimir stava cercando quella notte.
    Era stato l'ultimo a lasciare la redazione del The Sentinel, chiudendo a chiave le porte di un altro edificio che ormai conosceva anche meglio della sua dimora. La giornata era stata impegnativa e lui non si affacciava alle porte del Pandemonium da tropo tempo.
    All'uomo dietro al bancone bastava ormai un cenno della sua mano per capire cosa volesse e, quella sera, aveva esaudito la sua silenziosa richiesta già cinque volte.
    Con l'ultimo dei bicchieri in mano e la mente che già si faceva più leggera, Mimir stava uscendo per qualche istante dalla folla intenta a ballare sulle note di una musica forse un po' troppo moderna per uno come lui, ma che contribuiva a dovere al senso di perdizione generale.
    In mezzo a tutta quella confusione, lui continuava a pensare ai suoi crucci.
    Alle volte in cui si era ripromesso che non sarebbe accaduto di nuovo e invece eccolo lì, ad alleggerire la mente per evitare che lo trascinasse a fondo.
    "Ma quindi qual è? La follia più grande che un uomo possa fare?"
    Uno sventurato avventore del locale, quello a cui si era rivolto. Ma i freni inibitori iniziavano ad allentarsi, seppur vi fosse ancora un barlume di lucidità. Questa sarebbe presto sparita nell'ultimo goccio di vino, ma poteva concedere allo sconosciuto ancora qualche minuto di mezza follia, prima del punto di non ritorno.

     
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    Raùl Santiago | 37 y.o. | Virtù | scheda livello


    Quando non sei il più alto di tutti qualche gomitata devi sempre metterla in conto, in fila per un hot dog come in una calca tropicale dentro a un buco di fogna. C'era abituato, ormai... erano le battutine a rimanergli indigeste. L'ultimo che l'aveva rinominato come "bel nanetto" aveva perso la facoltà di procreare in meno di tre secondi netti, ma farsi rispettare, si sa, ha un costo: si era fatto bandire da tutti i pub del dopolavoro ferroviario nella Brooklyn più becera e malfamata.
    Ci aveva guadagnato un nomignolo niente male, però: il Jackie Chan dei calci nelle palle era leggenda da quelle parti, anche una bella storia per abbordare.

    E ci hanno fatto anche un murales, fuori Park Slope

    Balla.
    Ma la tizia con cui aveva a che fare era talmente strafatta da bersi a diritto il nome falso e l'identità cucita intorno: si era spacciato per Bruce Wayne di Gotham City, proprietario di una villa fuori città con un maggiordomo dentro di nome Alfred.

    Sai, quando ripenso a quella notte intravedo il senso della vita

    Lo diceva scrutando l'orizzonte dal proprio bicchierino: il momento esatto in cui l'altra vomitò anche il pranzo di natale del '94. Fu l'odore a convincerlo a girarsi, molto lentamente, quasi avesse a che fare con un cadavere sventrato. Quando ne prese coscienza, lasciò un biglietto da cinque sul bancone prima di rifilare due pacche sulla spalla della malcapitata.

    Dai dai, tutta salute - le spifferò a un'orecchio, senza ricevere riscontro.

    Non avesse bevuto un fiasco di tequila a rate di bicchierini, probabilmente si sarebbe accorto di avere a che fare con una donna svenuta, over cinquanta e sicuramente con il quarantasei di piede. Avrebbe dovuto ringraziare il cielo per quel ko tecnico. Finire a letto con le signore anziane era il suo tallone da sbornia.

    Uh beh, come ti pare

    Sventolò una mano per salutare, prima di farsi attrarre da una domanda in quel quarto di giro, presa al volo come un mazzo di chiavi lanciate dal terzo piano. Prontezza, riflessi... ma anche fantasia, intuizione, decisione e velocità d'esecuzione. Mimir non poteva immaginare di essersi fatto intercettare dal peggiore a cui porre un quesito tanto aperto quanto devastante.
    Mise su una smorfia di chi si sforza enormemente, fuori misura, tanto per pensare quanto per espellere una cena in un ristorante vegano.
    Ma cagare è una cosa semplice.
    Dannatamente semplice.

    Farsi una vecchia

    Soffocò un rutto tra un periodo e l'altro, cerando nel mentre qualcosa per sedersi.

    Ma anche masturbarsi in aereo

    Sembrava serio, il livello successivo della meditazione. Prese ad annuire scrutando il vuoto e tutti i suoi misteri: sapeva farsi sottile come granelli di polvere il confine tra una verità svelata e l'ennesima puttanata esistenziale. E la confidenza, neanche a dirlo, scorreva a fiumi.

    Credimi, alla gente non piace

     
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    Mimir Aculas | 232 y.o. | vampiro | scheda livello
    La poesia scorreva a fiumi alla stessa velocità con cui l'alcol iniziava a farsi spazio nel corpo degli avventori del Pandemonium.
    Mimir aveva già assistito a scene simili, non di meno ne aveva anche preso parte, co-protagonista indiscusso di brevi ma intensi momenti di delirio. Quella sera si considerava ancora uno dei più sani, nonostante avesse già rivolto una domanda ad uno sconosciuto. Quello, in genere, era l'inizio.
    Probabilmente poteva vantare un maggiore controllo rispetto agli altri solo perché aveva bisogno della razione doppia di alcol rispetto ad un comune essere umano; o, comunque, rispetto ad una creatura meno resistente di lui.
    Mimir era il quasi perfetto compagno di bevute. Quasi, perché probabilmente la perfezione l'avrebbe raggiunta in un periodo in cui nella sua mente non si annidavano pannolini e biberon.
    Poesia, appunto.
    Si rese conto dell'attività in cui era intento lo sconosciuto del club solo quando ottenne la risposta alla domanda che gli era scivolata fuori dalle labbra quasi involontariamente.
    "Ehi, io sono vecchio!" esclamò in tutta risposta, cercando di far sentire la sua voce al disopra della musica assordante e indicando con entrambe le mani la sua figura, quasi a voler dimostrare, in fondo, che non fosse una cosa così folle.
    Certo, in lui vi era un piccolo ma fondamentale dettaglio che cambiava le carte in tavola: l'aspetto ingannava inesorabilmente, non rendendo minimamente l'idea degli anni che il vampiro aveva visto passare.
    Un ciclo eterno di eterna, apparente, gioventù.
    Gli occhi azzurri scivolarono poi sulla figura ormai inerme della donna, con cui lo sconosciuto stava per compiere la sua follia. Mimir piegò la schiena per osservarla da vicino, inclinando il volto con sguardo assorto.
    "Respira" dichiarò, annuendo un paio di volte e alzando il bicchiere in direzione della donna, bevendo alla sua salute un altro sorso di... chissà cosa c'era ora nel suo bicchiere.
    Quasi si ingozzò, di fronte alla seconda risposta dello sconosciuto.
    "Proprio lì, davanti a tutti?" domandò, inarcando entrambe le sopracciglia per poi scoppiare a ridere.
    Quell'uomo doveva avere una vita difficile. O interessante, a seconda dei punti di vista.
    "Ma è perché l'altitudine amplifica il piacere o è tutta questione di noia?" dando per scontato che avesse messo in pratica la sua seconda follia, considerato che alla prima ci era quasi arrivato proprio di fronte ai suoi occhi, si fece improvvisamente interessato.
    "Comunque cin, amico" e il bicchiere si alzò verso di lui, questa volta. "Hai vinto tu."
    Lui di follie ne aveva fatte di più pericolose, ma non era il caso di urlarle all'intero Pandemonium. Alcune erano state tutt'altro che legali e l'alcol non riusciva a portarlo a scherzare anche su quei fatti che l'avevano condotto a far del male agli altri.
    Ma comunque, c'era sempre qualcosa di indecente nella sua vita. Anche se risultava ai più macabro e scabroso.
    "Essere l'unico a ballare nudo ad una festa! Anche quella è stata una follia!"
    I suoi primi anni da vampiro non erano stati solo caccia e sangue, fortunatamente.
    Anche se, al suo ritorno a casa, avrebbe dovuto dire ad Anna che farsi un vecchio era una follia.
    Farci un figlio insieme forse anche di più.
    Ne avrebbero dovuto parlare seriamente, ne era consapevole. Ma per quella sera, fu un pensiero che si permise di attraversare la sua mente per essere accantonato momentaneamente.

     
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