Deidra Okkaido

Personaggio Deidra Okkaido

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    Deidra Okkaido
    Età10/11/1999 (23 anni)
    Luogo di nascitaLos Angeles
    SessoF
    RazzaStregone
    Stato economicoBenestante
    AllineamentoMalvagio
    Lavoro/Anno di corsoAiutante di Emporio di Magia Nera
    PrestavoltoSeo Soojin
    Scheda livello




    Classi
    NGR(Medio) EVC (Base) DMT (Avanzato)
    Aspetto fisico
    Capelli metà neri e metà bianchi con frangetta.Occhi azzurri chiarissimi.Labbra carnose tendenti al viola.Pelle molto bianca, marchiata da segni della sua lingua di origine.Alta 1,60.Pesa 58 kg.
    Carattere
    Arrogante,Egocentrica,Manipolatrice,Schietta,Seduttrice,Ingannatrice,Approfittatrice,Competitiva,Egoista.
    Storia
    Il fuoco mi divora la pelle, che lentamente si ritira lasciando dietro di sè un misto tra fuoco e sangue, il tutto bagnato dalle mie lacrime, che sembrano alimentare ancora di più quella fiamma infernale. Il mio pensiero va alle streghe di un tempo, arse come legna secca in piazza pubblica, quasi come se bastasse un mezzo biglietto per godersi lo spettacolo dell'inferno per qualche interminabile minuto. La stessa fine adesso tocca a me. Con la differenza che la mia condanna non viene da uomini, che la fiamma che arde ogni angolo del mio corpo non è stata appiccata da mani d'uomo e con la consapevolezza che nessuno potrà salvarmi, adesso.
    Come speravo di sfidare l'inferno senza uscirne distrutta?
    Come poteva una mezza strega tener testa al demonio?
    "Unguento, unguento,
    Supra acqua et supra vento et supra omne maltempo".
    Ritrovai queste parole in un vecchio libro consumato dal tempo eppure integro al suo interno, tenuto così da chissà quale malefico incantesimo. La prima volta che le mie labbra pronunciarono queste parole non potevo immaginare cosa ci fosse dietro, in quale oscuro teatro mi sarei ritrovata a ballare, nuda, con le mani legate e gli occhi sbarrati.
    Dinanzi a me solo un vecchio noce, in quella città di cui non tenevo ricordo.
    La prima volta che quella cittadina mi si parò davanti ne sentii fin dentro le ossa la magia e seppur avessi dentro di me tutti i poteri derivati da quel patto firmato col sangue e arso come paglia davanti ai miei occhi, riuscivo a scorgere in quelle mura una forza ancora più grande. Ed ero ormai l'unica.
    Le streghe che un tempo fecero banchetto e dimora in questo posto lo avevano ormai abbandonato al suo mite destino: non più terra del male, ma neppure terra del bene, un mite galleggiare tra dolore e insensatezza.
    Esiste il bene ed esiste il male. Bisogna scegliere da quale parte stare.
    Ed è per questo motivo che Satana mi scelse tra centinaia di donne come me. Così pronunciai quella formula tante volte, per ritrovarmi sempre lì sulle sponde del Los Angeles.
    Avevo libertà di entrare ed uscire in qualunque casa ed adoperare qualsiasi maleficio. Più nessuno ricorreva ormai al sale e alle scope di saggina, come se l'inferno avesse un tempo per cominciare e uno per finire. I miei occhi baciarono ogni angolo della città, persino i più remoti e nascosti. Danzai con la notte nel cimitero, dinanzi alle vecchie rovine di una fede che ero tenuta a cancellare e portare via con me. Incontrai il demonio con la sua schiera di demoni ed anime perdute riposte su quei gradoni consumati. Una sera di ottobre, di sabato, il demonio mi chiese udienza. Le mani cominciarono a percorrermi la pelle ancora giovane lasciando dietro di sè una scia d'unguento, il cui odore acre in breve tempo impregnò la stanza.
    Pronunciai la formula magica.
    Mi ritrovai di lì a poco in quella misteriosa radura, mancavano due ore alla mezzanotte, l'ora propizia per il nostro malefico gioco. La tiepida luce della luna a fatica penetrava le nubi scure che avvolgevano tutto e si protendevano fino al suolo. Il loro odore nauseabondo riempiva l'aria. Il demonio era già lì, seduto su un trono di ebano, ad aspettarmi. Mi avvicinai e compii il rito dell'osculum infame. Avevo portato con me delle candele nere e qualche ombelico di bambino da donare a quell'essere metà uomo e metà capro. Mentre avevo ancora lo sguardo fisso a terra, sentii i suoi artigli, affilati come quelli di un'aquila, penetrarmi la pelle e con strappo deciso mi alzò al suo cospetto. La ferita grondava sangue, ma non avvertivo alcun dolore. Quando una ferita non richiede un qualsiasi valore, anche la sua presenza sembra venir meno. Un altro strappo potrò via con sè parte della mia pelle. Il sangue grondava come l'acqua cupa di quel fiume che mi teneva il fianco. La vista di annebbiava lentamente e le mie gambe divennero deboli. "Questo amore ti condanna" labbra calde e rassicuranti si posarono sulla mia fronte, nonostante il loro terribile suono sembrasse allontanarsi e quasi dissolversi nell'aria lugubre della notte.
    In quel preciso istante divenni "figlia di Dio".
    Altro
    Pelle marchiata da un antico rituale di sacrificazione della propria anima. Ha un leggero strabismo di venere. Si ricopre di unguenti per i suoi rituali, si aggira in tarda notte nei parchi/boschi/cimiteri. Annota le sue pratiche magiche nel suo grimorio personale, inventa incantesimi o malefici utilizzando erbe, pietre, gioielli e oggetti rubati.


     
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