Old habits

Fabien

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    Reya Khan | 24 y.o. | Whitch | scheda livello
    Il Paradiso e l'Inferno sono da considerarsi elementi disfunzionali per chi desidera condurre un'esistenza al netto di influenze altrui. Per una come Reya, che aveva vissuto la propria vita con la speranza o il timore, a seconda dei casi, che chi per lei compisse una scelta e dettasse legge, la possibilità di non prendere in considerazione l'una o l'altra dimensione e chi la popolava era, in un certo qual senso, una liberazione.
    Le doti di cui era stata investita erano solo in parte derivanti dal volere di entità sovrannaturali, le restanti erano frutto di un passato forgiato sul desiderio di definirsi da sola.
    Si muoveva con una scioltezza difficile da attribuirle, su quel bancone a cui non poteva guardare. Le sue mani viaggiavano sicure tra un ingrediente e l'altro, mentre la pozione prendeva forma e colore sotto le sue attenzioni. Ne percepì l'odore, uno dei pochi segni che le avrebbero permesso di comprendere a che punto fosse arrivata di quella preparazione che da anni, mese dopo mese, la impegnava con cadenza regolare e deleteria. Quando fu certa di essere arrivata al punto limite, versò il tutto in una boccetta e la ripose al di sotto del bancone, su uno scaffale riservato agli ordini da smaltire il prima possibile.
    Ricordava perfettamente il giorno in cui era tornata indietro per controllare che il preparato avesse avuto effetto. Il lupo mannaro non era più tale, le forme e i lineamenti del viso che avrebbe riconosciuto fra mille erano tornati alla normalità e l'incarnato arrossato dal sangue della trasformazione era illuminato dai flebili raggi di un sole solo agli albori. Non aveva potuto vederlo neppure allora, ma non era stato difficile percepire il liquido viscoso e il calore del mattino sulle sue mani.
    La pozione aveva avuto il risultato sperato, pur se con conseguenze che avevano previsto tutte loro. Rhona era stata essenziale, Madyson utile, Reya aveva solo fatto suo il lavoro del trio, senza mai smettere di sperimentare per trovare una forma che garantisse al ragazzo di disintossicarsi da quella dipendenza forzata.
    Non era una pozione legale la sua, ma fino a che tutti loro avessero mantenuto il segreto non ci sarebbe stato di che preoccuparsi.

    Fu poco prima di chiudere il negozio che la strega sentì qualcuno aprirne la porta. Impegnata com'era a ripulire gli scaffali vuotati in un sol giorno, poteva apparire inconsapevole di quell'intromissione, eppure le sue labbra sfiatarono in un sospiro, mentre il viso si inclinava appena di lato per consentire al cliente di guardarla in faccia.
    «Sei in ritardo.»
    Commentò senza alcuna particolare inclinazione nella voce. Al contrario si incamminò verso il bancone, andando a recuperare la boccetta con la mano destra, mentre con la mancina disegnava i contorni del sostegno e faceva cenno a Fabien di avvicinarsi.

     
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    Fabien H. Shaw | 25 | Licantropo | scheda livello
    Il passo tra ossessione e dipendenza era stato tanto breve quanto terribilmente faticoso. La predilezione che aveva sempre avuto nei confronti dell'africana si era trasformata negli anni in una sorta di imprescindibile necessità di averla a portata di mano... e di telefono.
    Quel periodo nel mese, in particolare, era il momento in cui più aveva bisogno di lei. Tuttavia, gli effetti che la pozione aveva cominciato ormai da tempo ad avere sul suo corpo erano lo strascico di un esperimento che era senza dubbio riuscito, ma al costo di una buona parte della sua sanità mentale.
    Pur di far fronte alle pene dell'astinenza da morfina, aveva cominciato ad abusare di sostanze stupefacenti. Cosa che gli veniva discretamente facile tra le sicure mura del suo locale travestito da saloon.
    Passava la stragrande maggioranza del tempo in uno stato di ovattata euforia che lo rendeva non soltanto più brillante e piacevole di quanto non fosse mai stato da adolescente, ma anche incredibilmente intraprendente. Sembrava che niente e nessuno potesse in qualche modo ostacolare i suoi affari e la sua vita apparentemente perfetta e priva di sbavature.
    Poi, all'incalzare dei giorni che precedevano la luna piena, la smagliante forma del suo fisico e la fittizia lucidità della sua mente venivano surclassate dalla terribile stanchezza che ne pervadeva membra e anima.
    Il suo corpo cominciava a digerire la droga in maniera ben più rapida del solito, complice il metabolismo accelerato che si accompagnava all'avvicinarsi del plenilunio, quindi non c'era dose che riuscisse a tenerlo in piedi.
    La testa gli scoppiava, le ossa dolevano e a malapena riusciva a tenere gli occhi aperti e quel mese i sintomi dell'astinenza erano arrivati con molta più violenza rispetto al solito. Forse era colpa del caldo. Forse... chissà.

    Ciao, lo -

    Reya non poteva vederlo, ma avrebbe potuto percepire come ci fosse qualcosa che non andava dal suo timbro di voce graffiato dall'incredibile stanchezza. Richiusa la porta dell'emporio alle sue spalle, incespicò nei suoi stessi piedi e dovette addossarsi pesantemente ad una delle superfici più prossime per non rovinare al suolo.
    Un grugnito di dolore mentre cercava di rimettersi in piedi, sbattendo ripetute volte le palpebre nel tentativo di mettere a fuoco l'immagine della strega.

    Lo so. Avevo sbagliato strada.

    Si trascinò in avanti fino a raggiungere il bancone dove l'altra lo stava aspettando, deglutendo a fatica un conato che si sposava alla perfezione con il pallore cinereo del suo volto che l'altra avrebbe solo potuto immaginare.

    Sta peggiorando. Dimmi che hai qualcosa da darmi...

    Aveva il sapore di una preghiera, la sua ultima richiesta. Il tono implorante lasciava intendere quanto bisogno avesse di un qualcosa che gli garantisse una sorta di effetto placebo in vista dell'assunzione della pozione.
    Il respiro affaticato e il sudore che ne imperlava la fronte erano il contorno perfetto a quel suo stato di disgrazia.
    Non permetteva mai a nessuno di vederlo in quella pietosa condizione.
    Reya era, come sempre, l'unica eccezione alla regola.


     
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    Reya Khan | 24 y.o. | Whitch | scheda livello
    Il passo tutt'altro che felpato di Fabien le permise di trarre un sospiro di sollievo nel riconoscere chi, ormai con regolare cadenza mensile, passava a trovarla alla bottega. Le uniche a essere a conoscenza di quell'appuntamento e di ciò che vi era dietro erano Madyson e Rhona, e Reya non aveva intenzione di svelarlo a nessun altro, né avrebbe permesso a Fabien di farlo.
    Si era domandata più volte il perché, dopo tutti quegli anni, facesse ancora una cosa simile per lui date le conseguenze tutt'altro che piacevoli a cui sarebbero andati incontro, se svelato il misfatto. I rapporti erano inevitabilmente cambiati, la spensieratezza giovanile aveva concesso ai due più tempo e divertimento di quanto nel presente potessero pensare di meritare, ma Reya era cresciuta molto da allora, cambiata profondamente come solo un fiore in procinto di sbocciare può meritare di fare, e la vita di Fabien aveva preso una piega che la strega faticava a comprendere.
    L'affetto del passato non poteva bastare a giustificare quella presa di posizione, ma qualcosa che la strega aveva fatto e mai confessato a nessuno... quello sì.
    «No, evidentemente non lo sai.»
    Se non avesse avuto altro a cui pensare, se si fosse concentrata su quei pensieri un attimo più del dovuto, le mani sarebbero andate a sfiorare il ventre in cui, anni prima, aveva preso forma una nuova vita, i cui fautori se ne stavano lì, al centro di quella stanza in penombra, uno dei quali inconsapevole di cosa avrebbe potuto dare alla luce.
    Avrebbe deglutito, l'africana, nel ricordare ciò che gli aveva sottratto senza chiedere il permesso, ma la Reya di allora - forse più di quella del presente - aveva ritenuto entrambi fin troppo poco adatti a fare i genitori. Singolarmente erano sempre stati dei pessimi elementi, insieme erano da considerarsi addirittura tossici.
    «Non devi ridurti così.»
    Si avvicinò al bancone priva della lentezza che la caratterizzava in presenza di clienti ignari delle circostanze in cui aveva perso un senso tanto importante come la vista; in quel momento non doveva far colpo su nessuno, men che meno incuriosire e affascinare chi le stava davanti.
    Recuperò la fialetta da sotto il bancone e la poggiò su di esso, rigirandosela tra le dita. Sapeva perché Fabien non si recasse così spesso da lei, pensava di conoscere la risposta a quell'illazione, ma non ne fece parola.
    Alla sua domanda, invece, sospirò.
    «Me lo chiedi ogni mese.»
    La stanchezza e l'arrendevolezza del suo tono di voce sarebbero dovute essere sufficienti affinché il ragazzo - ormai uomo - si rendesse conto che forse sarebbe stato meglio smettere di chiederle cose che lei non era in grado - o semplicemente non aveva intenzione - di dargli.
    «E ogni mese ti do la stessa risposta.»
    L'unico modo di annientare il dolore della trasformazione era prendere la pozione. L'unico modo per far cessare la dipendenza era riabilitarsi, ma se questo avesse significato cedere alla sofferenza della luna piena, Reya era certa che Fabien non avrebbe acconsentito.
    Ma dargli altro a cui affidare la sua sanità mentale le sembrava la scelta più insensata che avesse compiuto fino a quel momento.
    «Non sta peggiorando. Non andrà mai a migliorare, ma ormai è sotto controllo.»
    Negli anni aveva affinato quella preparazione, tanto da non deteriorare il corpo e la mente del lupo più di quanto non avesse già fatto. Se fosse tornata indietro non gli avrebbe mai proposto quel preparato, ma, non potendo fare altrimenti, avrebbe compiuto qualunque malefatta per mantenerlo per lo meno stabile.
    Glielo doveva.
    «Certo... se non ti facessi anche di altro andrebbe meglio.»
    Scagliò quella freccia quasi con indifferenza, stringendosi nelle spalle mentre allungava la pozione verso di lui, lasciandola scivolare sul bancone, in attesa che l'altro la afferrasse.


    Edited by La Monaca - 22/7/2022, 13:11
     
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