Truth, Dare or Hell? - urban fantasy GdR

Posts written by The Reverend

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    Abel Cain Pearson | 364 anni | Angelo | scheda livello
    Mentre nella tua vita continuerà a soffiare il vento del cambiamento, tu inizierai a sentirti ristabilito dal Mio Santo Spirito poiché molte cose andranno a posto. La punta della stilografica produceva un’eco sommessa, ruvida, grattava le pagine del quadernino sorretto dalle ginocchia mentre due occhi diligenti ne seguivano le righe appuntate. Ora sei rivestito della Mia Gloria, e brilli di pace e gioia.
    Rimise il tappo, chiuse l’agenda, la infilò lentamente in una delle tasche nascoste della tunica, poi chiuse gli occhi e reclinò indietro il capo, inspirando l’odore di incenso e preghiera che sapeva sempre di casa.
    Sopportava bene le attese, Abel, la vita eterna gli aveva donato pazienza e perseveranza, oltre ad una dote innata di calma che lo rendeva spesso più simile all’arredamento della chiesa, che non ad un essere corporeo vivente in essa.
    Quando sentì movimento dalla parte penitenziale del confessionale tornò a sollevare la testa, ma tenne gli occhi chiusi perché la vista non serviva. Quello era un luogo d’ascolto, la più sacra cassaforte di ogni cattedrale, e lui di tesori nascosti se ne intendeva non poco. Pochi gesti sancirono il segno della croce, quando fu certo che dall’altra parte avveniva la stessa iniziazione, poi una voce, il profilo sfumato dalla grata in legno: sapeva bene chi parlava a Dio in quel momento, e non solo perché era giovedì, ma perché quella voce non poteva conoscere eguali né simili al mondo, e lui aveva imparato a conoscerla in ogni sua più intima incrinatura.
    «Nostro Signore è ben più disposto al perdono di quanto non lo siano le tue labbra.»
    Una voce che sembrava aver taciuto a lungo, quella che parlò, grave di solennità eppure ammorbidita da un’accondiscendenza che voleva alleviare il tortuoso tragitto all’espiazione. Fran Bouchard era tra le donne più devote che avesse mai incontrato in tutta la sua lunga esistenza, determinata e battagliera nel fronteggiare ogni giorno la macchia indelebile che portava nell’anima. Una genetica crudele, la sua, un fardello mai scelto, eppure un calvario che la monaca non rifuggiva mai. V’era affetto incondizionato nell’ascolto del reverendo, serio intento operativo, e forse qualcos’altro, smosso nei recessi più reconditi di chi si trascina una croce più simile di quanto auspicato.
    «Il sogno è veicolo prediletto del demonio, non possiamo nulla contro uno strumento tanto infido... sei stata debole, ma non ti sei smarrita.»
    Oscillava, Fran, nella voluttà dell’irrazionale e nella ferma intransigenza della veglia, era un’amazzone del purgatorio, con i piedi ben fermi in paradiso e la testa rapita dall’inferno.
    Un rumore snocciolante di legno le avrebbe suggerito l’impugnatura del rosario da parte del Padre, Abel se lo sarebbe avvolto intorno alle nocche come un letale tirapugni, quindi avrebbe volto la testa verso la grata, indovinando senza poterle vedere la posizione delle due ciocche rosse ai lati degli occhi grigi di lei.
    «Estirperemo ancora quel che invade la tua innocenza, insieme, conosci le regole.» Una pausa, un sospiro soffiato sulla sottilissima parete a dividerli. «Inizia pure quando te la senti.»
    Abel Pearson credeva fermamente che il modo migliore per domare il diavolo era guardarlo dritto negli occhi, innalzarsi più di lui e prevaricarlo. Una lotta animalesca, rudimentale per molti, discutibile per le comuni norme ecclesiastiche, ma chi discende dall’Altissimo conosce bene l’abisso del Male, chi mai potrebbe biasimare i suoi metodi assolutistici?
    «Padre Nostro, che sei nei Cieli...»
    La nenia avrebbe accompagnato in un sottofondo cantilenante tutte le confessioni che Abel pretendeva ogni qual volta un peccato andava smantellato, la Bouchard doveva ormai averlo imparato. Lei dava forma al peccato, raccontando, e lui ne diluiva l’oscenità con le sacre invocazioni.
    «...sia santificato il Tuo nome...»
    Capitava a volte, poi, che un Padre Nostro non bastasse, ma non era mai capitato che il Reverendo affrettasse i tempi...




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    Abel Cain Pearson | 364 anni | Angelo | scheda livello
    Non era mai stato tanto facile, mettere a dormire Abel.
    In quei tempi di orizzonti burrascosi e dubbi quotidiani, la fede più cieca sapeva mostrarsi estremamente limitata, inetta, quasi ingenua, abbandonata alla fiducia senza il lume della prudenza a rischiararne il cammino. Chiudeva gli occhi di fronte alle trappole, perdonava ogni fendente, e si auspicava umilmente tempi migliori.
    Non aveva mai creduto a quella fandonie, Cain, che a dispetto del primogenito non ammetteva devozione che non contemplasse consapevolezza e forza; lui aveva imparato a guardare nell’ombra senza rifuggirla, ed osava là dove la prudenza interrompeva il passo come il più vile degli schiavi.
    Quel giorno aveva concesso ad Abel appena il tempo della preghiera mattutina, una colazione semplice ed un bagno ristoratore nella fonte privata della sagrestia, poi lo squarcio di una prepotenza inaudita aveva spento la coscienza dominante, confinando nel buio l’innocenza per innescare all’istante fiamme capaci di suscitare invidia a Lucifero in persona.
    C’era del lavoro da fare, valutò meccanicamente mentre scavalcava la tunica, scegliendo sbrigativamente al suo posto un paio di jeans ed una camicia scura, sulla quale appuntò il collarino ecclesiastico mentre già richiudeva il lucchetto della stanza proibita. Divorò in discesa le scale privo della pacatezza di un reverendo, saltò giù dall’ultimo gradino ed inforcò sul naso un paio di occhiali da sole.
    Erano in pochi a conoscere la sua diagnosi psichiatrica, ma i più avevano imparato a distinguere i diversi momenti del parroco, giustificandoli unicamente con la sua attitudine a vivere una vita mondana non confinata alle sacre pareti della chiesa, motivo per cui in strada non ricevette più di qualche cenno del capo qui e segno della croce di là.
    Camminò finché gli fu possibile, usufruì di un mezzo pubblico quando fu necessario, e compì gli ultimi passi necessari in Cittadella scrutando metodico i profili degli edifici che la occupavano: funzionali, accademici, quasi scenici per i suoi gusti. Era un lupo che contempla un mucchio di capanne dal facile abbattimento, ma che decide di rimandarne per utilità lo sfondamento. Tutto aveva un suo tempo.
    L’armeria, d’altro canto, non faticò a rapire tutta l’attenzione del consacrato non appena comparve nell’orizzonte visivo. Demon’s Soul, un titolo di cui Abel avrebbe rinnegato persino la pronuncia, un monito che neppure l’anima più stolta avrebbe potuto trascurare, per Cain niente più che la conferma di trovarsi nel luogo più giusto agli intenti designati.
    Sprezzante dell’istinto, insubordinato alle più consone norme naturali, varcava adesso l’uscio della casa del diavolo imbracciando a due mani Fierezza ed Orgoglio.
    «...Che non si dica del diavolo che pecchi di inospitalità, quando spalanca direttamente le porte dell’anima dei suoi demoni
    Una voce grave nel timbro, dilatata da una cadenza quasi ipnotica, stretta dall’accento scozzese che ne induriva gli spigoli, venne fuori da un volto contratto nel compiacimento, e fu accompagnata da occhi che accarezzavano teche e scaffalature con l’ammirazione di un esperto che non teme concorrenza.
    «Ho sentito parlare di un fabbro esperto, qual è il prezzo per una sua consulenza?»
    Si sarebbe rivolto a chiunque lo avesse accolto, paziente nell’attendere la rivelazione dei propri desideri, e già ebbro del ribollir del sangue nelle vene angelicate.




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    Telepatia.

    Sushi o Paella?
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    Pregio: Protettiva.
    Difetto: Rancorosa.
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    Nnnno, ma fantasticare non costituisce reato. :ph34r:

    Hai mai rubato?
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    Ti si ama <3


    ...un suo vecchio prozio...
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7 replies since 18/7/2022
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